Dell'arte e di ciò che le sta attorno/3
La c.d. arte oggi (2025) è segnata da una brutta contraddizione:
all'artista (ovvero: a colui cui è attribuito il titolo di artista da critici d'arte professionisti e mercanti d'arte) è riconosciuta ogni libertà, anzi è tanto più artista quanto più è libero di ignorare o irridere a ogni canone artistico apparso sulla terra fino ad oggi: il c.d. artista può fare quello che vuole (da mettere merda in scatola e venderla a dichiarare opera d'arte sacchi e plastica abbrustoliti, o taglietti su una tela); il c.d. artista gode di una libertà assoluta (e questo mi trova del tutto d'accordo).
Una simile piena libertà, però, non è riconosciuta al pubblico (chiamo pubblico tutta la gente che non fa parte delle categorie: critici d'arte professionisti e mercanti d'arte). Il pubblico non ha la libertà di dire chiaro e tondo che quella c.d. arte di cui sopra fa schifo ed è una porcheria miserabile. Se lo facesse, ci sarebbero diversi personaggi pronti a spiegare perché non può parlare così, pronti ad aiutarlo a capire che l'arte contemporanea ha sue radici e ragioni.
E dunque ecco qui la contraddizione di cui s'è detto in esordio: la c.d. arte oggi è un'attività autoritaria (nata, infatti, dalla borghesia della seconda metà dell'Ottocento), un'attività gerarchica e repressiva. E ancora più velenosa perché falsamente aperta e disponibile al confronto.
Commenti
Posta un commento