«Memoriale» di Paolo Volponi

 Nella mia ideale (impossibile) "scuola di scrittura", il romanzo «Memoriale» di Paolo Volponi ha una sua preminenza; lo ritengo un romanzo compiutamente riuscito, un'opera tecnicamente altissima.

La "trama" è di fatto inesistente, perché il romanzo racconta (nella difficilissima prima persona) la vicenda di un uomo che, dopo la prigionia nella seconda guerra mondiale, entra in fabbrica. Quest'uomo, Albino Saluggia, entra non tanto nella fabbrica visibile, nella fabbrica reale, ma nella sua organizzazione, nei suoi tempi e alle sue macchine; quest'uomo entra nella dimensione esistenziale della fabbrica, la sua mente viene cambiata e posseduta dalla fabbrica, le sue creature (il capo reparto, i medici, i colleghi) e le sue leggi. Il romanzo è la storia della mente di Saluggia che trova nemici congiurati contro di lui per aumentare «i suoi mali» e per dargliene nuovi.

Può essere interessante un romanzo della paranoia di un operaio? Se proposto così no, e infatti non credo che si debba parlare di «Memoriale» in questi termini. «Memoriale» è un romanzo di altissimo livello perché è un romanzo-tipo: la narrazione di una ampia e densa e complicata porzione di una vita umana.

Volponi non scimmiotta lo stile con cui si presume scriva un paranoico, Volponi è scrittore così abile e completo che diventa, per la pagina, il paranoico Saluggia e ne riporta - con la credibilità che ha del prodigioso - la tersa, dura, spigolosa, fredda lucidità; una luce che tocca e non illumina. 

Lo stile di Volponi è qui straordinario: procede senza scosse, senza effetti scenici, con una intensità costante ad ogni pagina, ad ogni riga, con una assoluta capacità evocativa, dando vita ad una figura stranissima e ovvia, difficile e comune, proprio quell'uomo all'apparenza normale (e invece straziato) del mondo capitalistico. 

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